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‘Tipologie & Campi di Applicazione’ Category

Questo articolo è volto a presentare in maniera generica le tappe che, nel mondo dell’informatica, hanno portato alla containerizzazione dei servizi e, di conseguenza, a Kubernetes.

Innanzitutto è bene definire Kubernetes come una piattaforma open-source utilizzata per la gestione di servizi containerizzati che facilita da un lato la configurazione dichiarativa di questi e, dall’altro, l’intero processo di automazione.

Kubernetes è una piattaforma estensibile, dotata di un grande e vasto ecosistema in esponenziale crescita: tutto il supporto, gli strumenti ed i servizi sono disponibili all’interno di questo mondo.

Prima di parlare delle fasi che hanno portato all’ideazione di Kubernetes, spieghiamo l’origine del nome; Kubernetes è un termine che deriva dal greco e vuol dire pilota; la piattaforma è stata resa open source da Google nel 2014 ed unisce una pluridecennale esperienza nell’esperienza di carichi di lavoro di produzione su scala mondiale, grazie all’utilizzo delle migliori idee e pratiche della comunità.

Perché Kubernetes è diventata così utile oggigiorno?
STEP BY STEP developers!, Dividiamo la sua evoluzione in 3 fasi principali:

1. Fase del deployment classico/tradizionale: le applicazioni usate dalle organizzazioni, erano eseguite su server fisici; di conseguenza non c’era il modo di definire eventuali limiti delle risorse!
Questo comportò nel tempo molti problemi in termine di allocazione delle risorse.
Per quale motivo???
Dunque, immaginate che un numero elevato di applicazioni vengano eseguite sullo stesso server fisico; ci potrebbe essere la possibilità che una di queste (in particolare) possa assorbire maggiori risorse, togliendo alle restanti applicazioni la possibilità di offrire le prestazioni attesa.
La soluzione sarebbe quindi quella di eseguire ogni applicazione su server fisico, ma DIVERSO!
La conseguenza sarebbe un aumento dei costi per le organizzazioni (più software fisici presenti da mantenere —>più costi ingenti da sostenere) ed un sottoutilizzo delle risorse!

2. Fase della virtualizzazione del deployment: ecco che, per far fronte al problema di cui sopra abbiamo accennato, entrò in gioco la virtualizzazione.
Si presentò da subito come una buona soluzione che permise di eseguire più macchine virtuali (le VM) su una singola CPU fisica.
Di conseguenza, il beneficio fu quello di isolare le applicazioni su più macchine virtuali, fornendo così un livello di sicurezza nettamente superiore, dal momento in cui le informazioni di un’applicazione non sono accessibili da un’altra applicazione.
Quali sono stati altri benefici che la virtualizzazione ha portato?
Migliore utilizzo delle risorse con riduzione dei costi per hardware
Migliore scalabilità
Ogni VM rappresenta una macchina completa che esegue tutti i componenti (compreso il proprio sistema operativo).

3. La fase del deployment containerizzato: first of all, è bene definire il concetto di container, ovvero: i container sono molto simili alle macchine virtuali ma dispongono di un modello di isolamento più leggero e condividono il sistema operativo (OS) tra tutte le applicazioni.
Ecco perché i container sono considerati leggeri ed, inoltre, sono disaccoppiati dall’infrastruttura sottostante, risultando portabili tra diversi cloud e varie distribuzioni.

Perché i container nel tempo hanno raggiunto popolarità?
Ovviamente per i loro vantaggi, quali ad esempio:

1. Creazione e distribuzione di applicazioni in modalità Agile: si ha maggiore facilità e maggiore efficienza nella creazione di immagini containerizzata rispetto a quelle VM;

2.Utilizzo di pratiche per lo sviluppo/test/rilascio continuativo: grazie a ciò è possibile creare e distribuire container image con un alto livello di affidabilità, offrendo allo stesso tempo la possibilità di effettuare rollback veloci e semplici (grazie al fatto che l’immagine rimane la stessa e non cambia);

3. Dev ed Ops SEPARATI: tutte le container image sono prodotte nel momento in cui avviene la compilazione dell’applicativo piuttosto e non nel momento di rilascio; questo fa sì che si presenta un disaccoppiamento tra le applicazioni dell’infrastruttura sottostante.

4. Parola d’ordine? COERENZA: esatto, perché tra i diversi ambienti (sviluppo, test e produzione), c’è coerenza ed i container funzionano allo stesso modo, sia su un pc portatile, sia sul cloud.

5. Portabilità tra cloud e sistemi operativi diversi: il medesimo container funziona su Ubuntu, RHEL, CoreOS, on-premise.

6. Libertà di combinazione dei microservizi: i microservizi sono liberamente combinabili e liberamente distribuiti con un’elevata scalabilità: tutte le app sono divise in parti più piccole ed indipendenti tra loro che possono essere gestite in maniera dinamica (no ad eventuali stack monolitici che girano su una singola grande macchina).

7. Risorse isolate: tutte le prestazioni delle app sono facilmente prevedibili;

8. Uso delle risorse: i container garantiscono efficienza e densità.

Ma perché è bene usare Kubernetes?

I container rappresentano un ottimo modo per la distribuzione e l’esecuzioni delle applicazioni.
All’interno di un ambiente di produzione, ad esempio, è prioritario gestire container che eseguono applicazioni garantendo l’assenza di interruzioni di servizi.
Pensate alla situazioni in cui un container si interrompe e bisogna avviarne un altro.
Tutto sarebbe più facile se fosse gestito SOLO da un sistema, giusto?

ECCO! E’ per questo che Kubernetes entra in gioco.
Kubernetes fornisce un framework per il funzionamento dei sistemi che vengono distribuiti in modo resiliente ed, inoltre, si occupa di garantire scalabilità, distribuzione e failover.

Kubernetes è fonte di vantaggi e benefici, come ad esempio:
1. Usando Kubernetes si ha la possibilità di esporre un container usando un DNS o l’indirizzo IP (qualora il traffico diretto ad un container fosse alto, Kubernetes interviene distribuendo il traffico su più container garantendo stabilità a tutto il sistema);

2. Storage Orchestrato: grazie a Kubernetes si ha la possibilità di montare in maniera automatica un sistema di archiviazione a scelta: che sia locale, con dischi forniti da public cloud, ecc

3. Rollout e rollback automatizzati: Kubernetes è in grado di cambiare lo stato attuale dei propri container per raggiungere quello che si desidera con una velocità controllata.
Se, ad esempio, il tuo team IT sta creando nuovi container per alcuni tuoi servizi, Kubernetes permette di rimuovere i container già esistenti, adattandoli alle risorse che vengono richieste da quelli nuovi.

Kubernetes è dotato di un sistema intelligente di Self-Healing, in grado di sostituire i container che si bloccano e di terminare quelli che non rispondono agli health checks, evitando di fare arrivare traffico ai container che non sono in grado di rispondere correttamente.

La privacy è importante: Kubernetes consente di memorizzare e di gestire le informazioni sensibili come token OAuth, password,….
Inoltre, è possibile distribuire ed aggiornare le informazioni sensibili configurando le applicazioni senza dover ricostruire le immagini dei container evitando quindi di svelare le informazioni sensibili nel momento di configurazione del sistema.
Se vuoi anche tu passare a Kubernetes, contattaci!
Saremo lieti di aiutarti e di guidarti passo dopo passo in questa tua scelta.

Come anticipato nell’articolo precedente, quando le aziende decidono di affidarsi a qualche figura esterna, è bene fare molto attenzione ad un elemento chiave che unirà le due realtà, ovvero la fiducia, necessaria in ogni tipo di relazione.

Per valutare la fiducia è bene tenere in considerazione alcuni fattori, SPECIALMENTE quando si ha a che fare con ingenti investimenti e si delocalizza il proprio budget (parzialmente o totalmente) al di fuori.

Per scegliere il partner ideale bisogna prendere in considerazione realtà che certificano le proprie competenze e NON solo con le parole.

In questo articolo seguirà un’interessante intervista rilasciata da 3 dei nostri tecnici che ci spiegheranno con parole semplici e comprensibili, l’importanza di ottenere la certificazione Azure DevOps e cosa rappresenta il DevOps secondo il loro punto di vista.

Prima di mostrare le domande fatte, facciamo un piccolo chiarimento sul concetto di DevOps, che rappresenta un approccio culturale relativamente nuovo, che nasce dall’integrazione di Dev (development) e Ops (Operators), ovvero unisce il mondo dello sviluppo e degli operatori IT in modo CONTINUO, facilitando i processi, la risoluzione di eventuali bug di sistema, ecc, rendendo il sistema Agile ed è  una logica integrata in cui i diversi aspetti di pianificazione, sviluppo, test, deploy, produzione e monitoraggio si relazionano all’interno di un processo organico e continuo.

 

A tal proposito, presentiamo Matteo Sposato (Team Leader), Eduardo Zapata (Team Leader) ed infine Ivan Soreca (Developer) che hanno risposto ad alcune domande, quali: 

 

  1. Come definireste il DevOps?
  2. Perché è necessario certificarsi? 
  3. Qual è stata la difficoltà che avete riscontrato durante il vostro percorso verso la certificazione?
  4. Qual è il valore aggiunto/pratico che dà la certificazione?
  5. Pensate che il DevOps sia il futuro dell’informatica? 

 

Matteo Sposato (Team Leader): 

 

  1.  Il devops lo definirei come una metodologia di lavoro,  basata sulla collaborazione tra figure complementari. Per essere più chiari, se uno sviluppatore e un sistemista collaborano nella maintenance di un applicativo è più probabile che i problemi che emergono vengano risolti grazie al fatto che i due “rami” lavorano all’unisono.
  2. Non credo che certificarsi sia necessario a livello personale, la necessità sorge quando ci si deve rapportare con realtà enterprise, poiché queste ultime,  per come sono strutturate, hanno bisogno di avere delle certezze!
  3. La difficoltà più grande è quella di dover imparare come vengono fatte le domande all’esame dato che non c’è parte pratica!
  4. Il valore aggiunto come dicevo prima è la possibilità di prender parte a progetti enterprise, che, di conseguenza, comporta anche il dover rapportati con persone molto competenti. Sicuramente studiare ti permette di avere anche una panoramica dei servizi, quindi più consapevolezza nella scelta della tecnologia.
  5. Penso che il DevOps sia un nuovo modello per una piccola parte del mondo informatico, principalmente se si forniscono servizi. Credo anche che la collaborazione a qualsiasi livello sia una cosa auspicabile in generale.

 

Eduardo Zapata (Team Leader): 

 

  1. Il DevOps è un concetto molto difficile da spiegare; è utile e va bene sia per tutti coloro che hanno nel loro bagaglio una serie di competenze IT, sia per la programmazione, perciò sia per il team degli sviluppatori, sia per il team Operation, un po’ come succede tra Matteo, Ivan ed io (come Matteo Ivan ed io) e quindi possiamo mettere mano al DevOps direttamente senza passare da un’analista funzionale.
    Un altro approccio relativo al DevOps facile fa spiegare è che una persona che non conosce nulla di programmazione, grazie ai tool offerti da Microsoft, può arrivare ad ottenere gli stessi risultati e gli stessi obiettivi perché si hanno molti elementi già precompilati.
  2. E’ un piccolo traguardo personale (ce l’ho fatta, ho una certificazione e gratificazione personale); dal punto di vista aziendale invece è stata necessaria per poterci offrire la possibilità di gestire progetti molto più grandi e ci avrebbe aperto le porte a future ed ottimali collaborazioni con partner di una certa notorietà.
  3. Il tempo, perché per prepararsi era molto difficile ed il tempo, era quasi inesistente! L’impegno e la volontà di raggiungere questa certificazione però, hanno abbattuto ogni ostacolo ed ogni presunta difficoltà.
  4. Il valore aggiunto si ritrova nella possibilità di gestire progetti di grande valore, potendo collaborare con clienti importanti! Ormai si sta passando tutto al Cloud e quindi avere persone competenti in materia ed orizzontali allo stesso tempo sulle tecnologie utilizzate, risulta essere un plus a livello aziendale.
    Le persone competenti hanno quindi la possibilità di gestire il progetto in tutte le parti di esso!
  5. Secondo me sì, rappresenta una parte del futuro dell’informatica! Avere coesione tra il team di sviluppo e di operation è davvero un punto di forza da riconoscere alle aziende IT.

 

Ivan Soreca (Developer): 

  1. Il DevOps a mio avviso lo identifico come l’insieme delle capacità e delle conoscenze di strumenti generici, nel senso che non c’è una vera e propria e singola specializzazione che comprende TUTTO ciò che viene fatto oggi in termini di infrastruttura, che confluiscono in un’unica persona.
  2. Di certo la soddisfazione personale di avere raggiunto un traguardo così importante!
  3. Direi il tempo e le domande! Il DevOps non è un argomento facile e le domande all’esame sono davvero toste! Inizialmente poi alcuni concetti non erano per niente semplicissimi (configurazione di file ad esempio) e non è come imparare un qualsiasi linguaggio di programmazione nuovo; una volta che impari un linguaggio di programmazione lo conosci e continui senza problemi; hai delle perplessità? Trovi le risposte con un’infinità di dispense online che ti aiutano; il DevOps no!
  4. La certificazione ti porta (non solo come detto prima ad una tua soddisfazione personale), ma a poter lavorare per clienti grandi gestendo progetti di una certa portata.
  5. Secondo me sì, può rappresentare il futuro dell’ informatica che è un campo che cambia moltissimo in base a quello che piace di più e si sta puntando su questa soluzione (devops) avendo una figura unica che fa più o meno tutto e alle aziende fa comodo e più stabile perché non hai tante persone che fanno cose diverse.

E’ molto importante poter dare voce a chi nel settore se ne intende: ciò può essere utile a tutti (chi già sa e chi no) di poter imparare nozioni nuove ed approcciarsi al mondo del DevOps a piccoli passi.

Se devi scegliere un partner esperto, fallo in maniera intelligente: ascolta le parole, ma guarda i fatti!!

 

Openshift: alcuni semplici concetti

Introduciamo il concetto di Openshift definendolo come una piattaforma Kubernetes Entreprise che consente, a chi la utilizza, di poter godere di un’esperienza simile al cloud in tutti i tipi di ambienti.

Openshift offre una serie di possibilità: puoi scegliere dove creare, dove distribuire e dove eseguire le applicazioni mantenendo sempre un’esperienza coerente, realizzando un’ottimale collaborazione tra il mondo Dev ed il mondo Ops (Developers ed Operations), ottenendo la massima efficienza!

Dev ed Ops vi ricorda qualcosa? Abbiamo parlato diverse volte di DevOps, sottolineando che per descriverlo, esistono svariate definizioni.

Il DevOps (link di seguito se siete curiosi e volete sapere di cosa si tratta e quali sono i vantaggi che si ottengono https://www.bluecube.it/devops-significato-definizione/), rappresenta una nuova cultura, un nuovo approccio, un’evoluzione che migliora ed ottimizza i tempi, le risorse ed i processi aziendali ed ha come obiettivo principale il miglioramento della collaborazione tra sviluppatori ed operations per velocizzare la realizzazione di software e rendere più efficienti i relativi processi.

Il fatto di poter ottenere un illimitato ed imminente accesso alle informazioni (grazie ad un maggior numero e varietà di canali disponibili), ha contribuito a creare quindi un metodo di lavoro composto da ritmi frenetici e dalla necessità da parte degli utenti di avere un risposte ed informazioni immediate.
Il tempo è tutto quindi! La velocità è uno dei fondamenti di questo processo, così che DevOps ha creato un modello in grado di velocizzare l’innovazione del business aziendale in termini digitali.

Ecco che il DevOps si presenta come un approccio (culturale) più efficiente allo sviluppo del software che sfrutta le potenzialità di un insieme di processi (che insieme delineano una metodologia) che aumenti la velocità e la flessibilità con cui nuove funzionalità e nuovi servizi vengono forniti.
In tutto ciò, non va dimenticato che la metodologia DevOps offre SICUREZZA al 100% su servizi software molto innovativi.
La filosofia del DevOps si basa sul sistema Agile, consentendo una riduzione dei tempi di sviluppo ed una messa in produzione automatica e continua, apportando miglioramenti al time-to-market.
Ecco che è possibile anche ottenere un’elevata qualità del software con molti meno bug e molte più funzionalità.
Il DevOps, per un’architettura Cloud Native, è un elemento fondamentale!

Openshift: i microservizi

Per microservizi si intende una serie funzionalità importanti che sono alla base dell’approccio architetturale con cui si suddividono le funzionalità di un applicativo, rendendo quindi il servizio di piccole dimensioni ed indipendente dagli altri in termine di implementazione, manutenzione e codice.
Ciò rende possibile il fatto per cui si hanno diversi team occupati su microservizi diversi in modo indipendente e parallelo, comportando un vantaggio esponenziale sia nello sviluppo evolutivo, sia nella manutenzione ordinaria del software che viene realizzato.
Andiamo ora ad analizzare alcuni dei microservizi come segue.

Openshift: virtualizza le tue idee con i container!

I container rappresentano un’evoluzione dell’idea di virtualizzazione tradizionale; sfruttano le capacità del kernel di un sistema operativo (specialmente Linux) , rendendo la coesione di più istanza isolate ed autonome nello spazio utente, permettendo di conseguenza di isolare un’applicazione e tutte le sue dipendenze in un ambiente autonomo.
I container possono essere eseguiti su ogni tipo di piattaforma e server (per lo sviluppo, per il test ed anche per la messa in produzione), garantendo un vantaggio competitivo per moltissime aziende.

Openshift: Automatizza la tua Infrastruttura

Automatizzare un processo e/o un insieme di processi è una funzionalità che spesso viene sottovalutata ma che, in realtà, all’interno di un ambiente Cloud Native, è di fondamentale importanza.
Quali sono i vantaggi che ne derivano?
1. Temporale: il tuo business ha più tempo di lavoro per lo sviluppo effettivo;
2. Gestione di ambienti complessi: noterai una rapida scalabilità ed una diversificazione complessiva degli ambienti.
3. Dev ed Ops: grazie all’automazione, i due team (Dev ed Ops) potranno dedicare meno tempo a svolgere attività di supporto e più tempo al miglioramento continuo del sistema; inoltre, si velocizzano in termini generali, i tempi di modifica ed esecuzione dei test in maniera più rapida progettando efficienti pipeline di CI/CD (leggi anche https://www.bluecube.it/perche-e-necessario-usare-le-pipelines/).

Openshift: la nuova orchestrazione

Oggigiorno tutte le moderne applicazioni si estendono su più macroservizi che vengono containerizzati e distribuiti su una serie di cloud pubblici e privati, senza mai rinunciare alla disponibilità: l’orchestrazione è un’operazione non poco complessa ed è qui che troviamo i famosi orchestratori di Container, come ad esempio Kubernetes.
Kubernetes è uno strumento che consente di automatizzare e controllare attività che vanno dalla gestione stessa del container al provisioning automatico, scalando molto velocemente verso l’alto o il basso.
In linea generale però, va anche sottolineato utilizzare un orchestratore di container è indispensabile per gestire sistemi distribuiti che fanno uso di un gran numero di container e di seguito elenchiamo i vantaggi:
Un orchestratore di container permette di gestire moderne applicazioni strutturate a micro-servizi;
Un orchestratore di container facilita la gestione di un gran numero di micro-servizi in un cluster di server e risolve problemi legati al deployment combinato dei container;
Utilizzando Openshift come orchestratore di container, è più facile ottenere lo scaling selettivo delle singole componenti di un’applicazione a micro-servizi.

Openshift: IaaS, PaaS, e SaaS

Con IaaS, PaaS e SaaS, indichiamo tre macrocategorie di servizi che si basano sull’infrastruttura Cloud che vengono utilizzate dalle aziende per ottenere semplicità d’uso e flessibilità e che, grazie alle loro potenzialità, hanno segnato la svolta per il business aziendale, migliorando anche il processo di digitalizzazione.
E’ bene però analizzare questi termini nel dettaglio in modo tale da costruire un quadro completo:

  • IaaS: Infrastructure-as-a-Service: grazie a questo le aziende possono usare in egual misura e maniera sia le tecnologie sia le funzionalità di un data center tradizionale senza doverle tenere/manutenere/gestire fisicamente poiché è il provider che fornisce un’infrastruttura di cloud computing, compresi server, reti, sistemi operativi, storage, ecc. Alcuni esempi sono Microsoft Azure, Amazon Web Services (AWS).
  • PaaS: Platform-as-a-Service: siamo di fronte ad un ibrido (tra IaaS e SaaS) dove il provider mette a disposizione la piattaforma per creare il software. In questo modo lo scenario è differente, perché da un lato abbiamo i developer che hanno la completa e totale libertà di concentrarsi sullo sviluppo software senza dover badare ai suoi aggiornamenti, allo storage, all’intera infrastruttura, ecc….Esempi? Windows Azure, AWS Elastic Beanstalk ed il nostro OPENSHIFT.
  • SaaS: Software-as-a-Service, tutta l’intera applicazione è messa a disposizione dal provider via web e. per poterla utilizzare, non serve sapere scrivere codici.

Cioè?

Il modo più semplice per illustrarne il funzionamento è farvi pensare ad esempio a Gmail: per accedervi, lo si può fare gratuitamente tramite Internet o acquistando una licenza ma senza scaricare file!
Altri esempi sono: Google Docs, Salesforce, Microsoft Office.

Openshift: le sue caratteristiche

Openshift è molto semplice da installare: l’importante è disporre di un cluster di macchine che utilizzi come sistema operativo RHEL.
Per quanto riguarda i server non c’è nessuna importanza di come siano fatti (che siano fisici, VM, macchine su cloud privati o pubblici); Openshift ha la capacità di trattare il cluster di server come risorse di calcolo e di storage creando un’astrazione nella quale coabitano le applicazioni precedentemente containerizzate.
Openshift è un sistema composto da diverse parti e, ciascuna di esse è installabile in modo tale da avere solo punti di forza (no single point of failure) ed è costruito a partire da Kubernetes sfruttando però altri diversi progetti e tecnologie open source (anche Kubernetes è un aggregato di prodotti open source)

Openshift: il modo più facile per…..

E’ bene ora identificare quali siano alcuni dei vantaggi che Openshift offre, quali ad esempio:

  1. Mostra diverse interfacce utente ed API che consentono di gestire ogni aspetto della piattaforma ed una successo di runtime che facilita la creazione di app containerizzate.
  2. Offre un ricco catalogo di linguaggi e server che costruiscono sistemi distribuiti complessi ed app a micro-servizi in modo semplificato;
  3. Openshift è stato pensato per migliorare la collaborazione tra utenti minimizzando le interfacce indesiderate.
  4. E’ la piattaforma ideale per ottimizzare la cooperazione tra Dev ed Ops.
    Openshift consente agli sviluppatori di approvigionarsi in modo autonomo di tutti gli strumenti necessari per costruire app e workflow di build e deploy a proprio piacimento.
    E’ anche vero che il team Ops ha il pieno controllo dell’intera piattaforma (dal suo utilizzo, dall’esecuzione delle app, ecc)…

Openshift: prendi la scelta giusta

Se tu dovessi pensare di ottenere una serie di vantaggi derivati da una tua scelta specifica, la prenderesti?
Se tu dovessi pensare che dai vantaggi ottenuti dalla scelta specifica dovessi ottenere un miglioramento della tua vita, la prenderesti?
Se tu dovessi pensare di ritrovarti in una situazione di generale miglioramento ed appagamento derivato da una scelta precisa, la prenderesti?
Ora è tempo di portare tecnologici miglioramenti al business, giusto?
Ora è il tempo di scegliere Openshift senza pensarci due volte!

Contattaci per avere maggiori informazioni, ora!

Ti sei mai chiesto perché la tua azienda ha bisogno di utilizzare le pipelines?

Facciamo un piccolo passo indietro per capirci di più.

Innanzitutto con “pipeline” si intende una successione di passaggi orchestrati con la capacità di portare il codice sorgente fino alla produzione. 

I passaggi sono: creazione, confezionamento, test, convalida verifica dell’infrastruttura ed infine, implementazione in tutti gli ambienti necessari.

Una pipeline si può attivare nel momento in cui viene richiesto un determinato evento, ad esempio dalla richiesta di modifica del codice. 

E’ più facile immaginare il concetto di pipelines affiancandolo al suo significato tradotto, ovvero “conduttore” ed il concetto è molto simile: un “tubo” nel quale scorrono e fluiscono una successione di dati.

Oggi giorno i dati si moltiplicano in maniera esponenziale, molto velocemente, ed il mondo dell’IT e del digitale corrono con ritmi frenetici; questo comporta la necessità di avere pipelines di dati all’interno della propria azienda, necessarie anche per ottimizzare il proprio tempo ed il potenziale dei dati stessi, soddisfando, in maniera ideale, i bisogni richiesti dai propri clienti. 

Sono infiniti i dati presenti all’interno di database, applicazioni ed altre sorgenti di informazioni (si pensi anche solo ai fogli di calcolo di Excel); tutti i dati devono essere fruiti all’interno di tutte le sorgenti utilizzate. 

Una pipeline di dati include e racchiude in sé una successione di azioni che iniziano dall’acquisizione di dati grezzi (provenienti da una sorgente) per essere poi trasformati nel minor tempo possibile, in dati pronti per essere analizzati.

Quando si parla di pipelines, si fa riferimento ad Azure Pipelines che integra e combina l’integrazione continua (indicata con CI) ed il recapito continuo (CD) al fine di testare e compilare il codice spedendolo a qualsiasi destinazione.

Vantaggi della pipeline CI/CD:

Utilizzando le pipelines si ottengono numerosi vantaggi; pensiamo al mondo delle applicazione ad esempio: è raro che due applicazioni (compresa l’infrastruttura di supporto) siano uguali; l’attività di sviluppo e la consegna del software sono esercizi ripetitivi ed iterativi e le pipelines dovrebbero essere eseguite più volte al giorno (specialmente per la correzione di eventuali bug si sistema).

Quando si adotta una pipelines CI/CD, il team di sviluppo e quello operativo adottano una comprensione più chiara di ciò che è necessario per concretizzare le proprie idee. 

Inoltre, adottando un approccio sistematico con questa tipologia di pipelines, gli stessi bug possono essere facilmente individuati e risolti, poiché il processo è coeso ed unito e non disgiunto. 

Fasi di una pipeline CI/CD:

Le pipelines CI/CD si suddividono in fasi??

Assolutamente sì, e di seguito ve le mostriamo: 

1) Build – La fase in cui viene compilata l’applicazione.

2) Test – La fase in cui viene testato il codice.

3) Rilascio – La fase in cui l’applicazione viene consegnata al repository.

4) Distribuzione – In questa fase il codice viene distribuito in produzione.

5) Convalida – In questa fase avviene la convalida del software come la presenza di vulnerabilità.

Cosa c’è dentro una pipeline?

Come già sopra accennato, una pipeline di dati contiene l’intero percorso che i dati stessi compiono all’interno dell’azienda.

All’interno di una pipeline di dati quindi, si hanno tre fasi principali: 

  1. Fase di raccolta di dati grezzi: i dati vengono rilevati ed estratti da un numero di sorgenti diverso, arrivando in formati molto diversi da loro (da tabelle, a code, a nomi di file, ecc).
    In questa prima fase quindi i dati non hanno una loro identità ed una loro forma, ed è per questo che vengono definiti come “grezzi”

  2. Fase di governance dei dati: dopo la fase di raccolta dei dati grezzi, le imprese stabiliscono una governance di dati, ovvero devono decidere delle regole per organizzare i dati grezzi precedentemente raccolti; solitamente i dati grezzi raccolti vengono connessi al contesto aziendale al fine di assumere un significato.
    Questa è la fase di controllo della qualità dei dati e della sicurezza, organizzandoli poi per il consumo di massa.

  3. Fase di trasformazione dei dati: è la fase decisiva, in cui i dati vengono puliti, viene data loro una forma ed un’identità, ottengono quindi il formato di report corretto; tutti i dati sterili vengono eliminati.

La missione e l’obiettivo delle pipelines di dati consiste nell’integrare i dati per fornire ai consumatori informazioni facilmente e velocemente fruibili in tempo reale.

 

 

Perché scegliere noi? 

Se si vuole stare al passo con l’innovazione, bisogna concretizzare questa idea e per farlo, bisogna scegliere persone qualificate ed esperte.

Il team Bluecube dispone di personale CERTIFICATO Azure DevOps ed è per questo che i nostri Partner che sono leader di mercato in hosting, housing e cloud hanno scelto noi, perciò, non stare con le mani in mano, contattaci!

 

Una personalità da scoprire

Il motto di Bluecube è sempre questo: prima di considerare collaboratori e dipendenti, consideriamo l’aspetto umano e quindi il concetto di persona e di quello che realmente è ogni singolo individuo.

Tutto funziona secondo logiche empatiche e relazionali.

Come si può pretendere collaborazione ed efficienza se non ci si conosce?

Il team Bluecube si sta espandendo ed abbiamo deciso di dare voce questa volta ad un nuovo arrivato, Francesco Sblendorio, Technical Lead. 

Grazie all’intervista da Francesco rilasciata, è stato possibile cogliere sfumature del suo carattere molto interessanti.

Animo eclettico, dai mille interessi e dalle mille capacità, solare, simpatico, con voglia di fare e di costruire, trasmettendo i suoi valori (personali e professionali) all’interno dell’azienda e nel suo team. 

Conosciamo più da vicino Francesco: 

 

Come hai trovato Bluecube?

“Vi ho conosciuti tramite Fabrizio Lodi, un mio amico da qualche anno. La cosa che ci accomuna è l’hobby dell’informatica e dei videogiochi, in particolare la storia dell’informatica, non limitata quindi solo alla tecnologia. 

In tale ambito ho prodotto alcuni software che Fabrizio stesso ha apprezzato (anche lato nuovi pc).

Ciò che è davvero bello è che dall’hobby di nicchia sono arrivato a qualcosa di concreto di professionale”. 

 

Come si è composto il tuo percorso professionale? 

“Il mio percorso professionale è una storia di lunga data, mi spiego: sin dalle elementari io nutrivo questa passione e questo hobby ed ero chiamato come quelli che spregevolmente (negli anni 80 non era bello) si chiamavano “nerd”, coloro che erano appassionati di informatica.

Ero già da bambino appassionato “di computer” (specifico, non “di videogiochi”); compravo riviste specializzate e le studiavo, ma non giocavo a pallone…

Poi nella mia carriera professionale ho fatto anche l’attore, recitando in un film comico”. 

 

Che cosa ti appassiona di più del tuo lavoro? 

“Anni fa mi appassionava tantissimo la tecnologia in sé quindi, ogni volta che c’era qualcosa di nuovo, io lo sperimentavo; ora invece è il desiderio di vedere la soluzione, il frutto del mio lavoro, applicata al mondo reale.

Direi che nel tempo è cambiato l’obiettivo”. 

 

Qual è il valore aggiunto di Bluecube secondo te?

“Il valore aggiunto è tantissimo: sto coordinando un gruppo di ragazzi giovani e che, come me, hanno la propensione a scoprire nuove tecnologie, scoprendo i punti di forza e di debolezza del mercato dell’informatica ed in più sono GIOVANI, sono MOLTO più flessibili. 

Nell’informatica ogni mese esce qualcosa di nuovo; sono ragazzi svegli e dover interagire con loro mi fa crescere molto e mi fa capire come far crescere ancor di più una squadra.

Questo è il mio obiettivo nel breve-medio termine”. 

 

Credi nel team giovane e nelle nuove generazioni? 

“Io penso che bisogna mettere i giovani in grado di esprimere le loro potenzialità: questa è la mia responsabilità e di chi fa un lavoro simile al mio. Bisogna mettere i giovani nella posizione tale per cui si possano esprimere: in questo io credo moltissimo.

Non si può andare avanti su gente che è sempre la stessa”. 

 

Cosa vuoi trasmettere a Bluecube dall’alto della tua esperienza?

“Ciò che voglio trasmettere: ho tante esperienze in settori molto diversi tra di loro: dal bancario, al content management, alla salute. Conoscendo tutto ciò e quindi tanti e diversi domini applicativi che richiedono diverse capacità, posso dare informazioni su ciò che accade. 

Se parlo di ambito bancario, la novità tecnologica passa in secondo piano, mentre la sicurezza conquista il primo posto; se parlo di content management invece è la tecnologia a prendere il primo posto”. 

 

Ho visto che hai un passato da attore anche, ben diverso dalla realtà di adesso: quale nesso connette due mondi così diversi? 

“Nesso non c’è; io sono un eclettico: ho tantissimi interessi, molti ma molto diversi tra loro, come ad esempio la storia contemporanea; non sono un esperto, ma leggo e mi informo.

Non sono un attore ma è qualcosa che mi diverte e ho avuto la fortuna di incontrare un regista, Marcello Macchia, che mi ha dato questa possibilità.

Siamo diventati amici e quando un giorno ero in vacanza, la produzione mi ha chiamato proponendomi una parte nel film “Italiano Medio”. 

Con Marcello è stata una bella cooperazione. 

Ho poi ricoperto altri ruoli ma sempre comici!”.

 

Cosa ti ha insegnato la tua esperienza da attore?

“Ad avere a che fare con persone completamente diverse da me, che rappresenta una soft skill importante nel mondo del lavoro.

Nel mondo informatico c’è lo stereotipo della persona che lavora solo davanti al pc.

Nel mondo del cinema ci sono tantissime figure: di scena, di audio, ecc ed io mi divertivo davvero tanto e pensavo: “ma che figata” (mentre io mi divertivo c’erano attori che facevano proprio quello come lavoro e lo prendevano nello stesso modo in cui io prendo il mio).

È stata un’esperienza di vita e sicuramente tutto ciò mi ha arricchito”. 

 

 

DevOps: il sinonimo del nostro presente e futuro informatico 

DevOps è un termine relativamente nuovo nel mercato dell’informatica e della tecnologia. 

Nato dall’incontro di due parole, Developer e Operations, è diventato in poco tempo una metodologia di lavoro che consente di ottenere molteplici vantaggi, ottimizzando il lavoro di entrambe le parti (ramo sviluppo e team IT operation). 

DevOps: Quando è nato esattamente? 

L’origine della parola è riconducibile al 2009 quando due parole, Developer e Operations si unirono. 

Che cosa indicano entrambi i termini?

Con Developers si indicano gli sviluppatori e tutti coloro che sono coinvolti nello sviluppo del prodotto (ad esempio: Product Owner & Quality Assurance). 

Con Operations si indicano invece tutte le competenze professionali, ed in particolare connesse alle figure di system engineer, administrator, tutto il team di operation, network engineer e professionisti della sicurezza. 

Detto ciò, l’obiettivo principale di questo approccio è proprio quello di riuscire il più possibile ad avvicinare i due team, quello di programmazione e quello di sistemisti che, vista la loro intrinseca natura, alle volte hanno obiettivi che non combaciano e che possono entrare in contrasto! 

Perciò, lo scopo principale di questa metodologia è quello di poter realizzare un flusso unico di lavoro che, all’inizio specialmente, dovrà essere pianificato.

In realtà, dare una definizione specifica a questo approccio non è semplice come sembra!

Il fondatore di questo approccio, Patrick Debois, diede questa definizione:  “It’s a movement of people who think it’s change in the IT Industry – time to stop wasting money, time to start delivering great software, and building systems that scale and last”. 

DevOps: alcune definizioni per spiegare il concetto 

DevOps è: unione di processi, tecnologia e persone per offrire valore agli utenti finali

DevOsp è: metodologia Agile di sviluppo software, utilizzata per migliorare la procedura di distribuzione e la manutenzione dei contenuti creati. 

DevOps è: una logica integrata in cui i diversi aspetti di pianificazione, sviluppo, test, deploy, produzione e monitoraggio si relazionano all’interno di un processo organico e continuo. 

DevOps: semplicemente una nuova cultura, un nuovo approccio, un’evoluzione che migliora ed ottimizza i tempi, le risorse ed i processi aziendali ed ha come obiettivo principale il miglioramento della collaborazione tra sviluppatori ed operations per velocizzare la realizzazione di software e rendere più efficienti i relativi processi. 

DevOps: keep C.A.L.M.S. e scegli questo approccio!

DevOps racchiude in sé una serie di principi che, uniti tra loro in una forma sinergica, vengono riconosciuti con l’acronimo C.A.L.M.S. (da non confondere con l’Agile, i cui principi sono iscritti sul famoso Manifesto). 

“Sciogliamo” l’acronimo e scopriamo insieme i vari prinicpi: 

  1. C = Culture: quando si lavora in ambito DevOps è prioritario avere una cultura di tale concetto connesso ad un chiaro percorso verso obiettivi comuni.
  2.  A = Automation: la metodologia DevOps trova negli strumenti la fonte importante per realizzare tutti i processi di provisioning, system integration, release management, system integration, control…
  3. L = Lean: quando si parla di DevOps il proprio pensiero connette due parole tra loro, quali, snello e veloce! Proprio così, perché all’interno di questo approccio è fondamentale snellire e velocizzare i processi per ottimizzare un lavoro al meglio!
  4. M = Measurement: beh, la misurazione dei risultati, delle performance ottenute ed anche dei processi diventa necessario per realizzare un continuo miglioramento. Ecco perché l’analisi e la misurazione deve essere parte integrante di ogni lavoro.
  5. S = Sharing: condividere i risultati ed il proprio lavoro è parte del DNA DevOps ed è allo stesso tempo il modo di lavorare che DevOps stesso propone, così che Developers ed Operations vedano il nemico nel problema e non tra di loro!!! 

DevOps: perché utilizzarlo? 

Grazie a DevOps, la programmazione e lo sviluppo lavorano in sinergia e a ciclo unico sun porzioni di software e non su tutta l’applicazione e ciò permette di: 

  1. Accelerare i tempi di rilascio del software
  2. Migliorare la qualità del codice
  3. Garantire una maggior stabilità e sicurezza
  4. Standardizzare l’infrastruttura
  5. Automatizzare le distribuzioni
  6. Testare l’applicazione in ambienti diversi
  7. Assicurare il successo del software. 

DevOps: perché scegliere proprio noi? 

Il team Bluecube è composto da personale esperto e fortemente skillato in ambito di DevOps; abbiamo applicato questa metodologia dal 2016 quando ancora si parlava di DevOps ma non si conosceva a pieno.

Una dimostrazione di ciò che diciamo? Il progetto con Moresi.com! Nessuna informazione supplementare in merito a questo lavoro.

Volete saperne di più? Cliccate il link seguente e date un’occhiata a quella che noi chiamiamo solitamente “Partnership di Valore”!.

https://www.bluecube.it/moresi-com-e-bluecube-annunciano-una-nuova-partnership-per-offrire-servizi-di-azure-devops/

Ottimizza e facilita anche tu tutti i processi grazie al DevOps! 

Scegli persone che ti sappiano guidare, che sappiano offrirti la migliore soluzione per te e per il tuo business; scegli persone realmente certificate!

Scegli noi!

 

Intelligenza Umana e Intelligenza Artificiale: il connubio perfetto verso un futuro di opportunità

 

“La ricerca intesa come strumento di conoscenza e non come oggetto di competizione e strumento di potere.” 

                                                                                                                                                                                                –  Rita-Levi-Montalcini

 

Avete già sentito parlare almeno una volta di IA, conosciuta come Intelligenza Artificiale, giusto?

Bene! 

Il contenuto di questo articolo verterà su un’importante partnership tra 4 medio-grandi realtà Italiane e non sarà il solito articolo lungo e noioso pieno di tecnicismi.

Tutto ruoterà intorno alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie e ad un mix di risorse informatiche e soprattutto umane; è l’inizio della mera compenetrazione uomo-macchina applicata in ambito di life science e protagoniste della scena saranno SAIHub, Moresi,  Tecnoscientia, e Bluecube.

E’ da anni che si parla di quanto sia importante l’IA e di quanto sarà impattante nel futuro di tutti noi, specialmente in ambito medico.

Essa comprende una serie di attività che solitamente sviluppa l’essere umano: dalla percezione visiva, alla capacità di prendere decisioni, alla capacità di comprendere e tradurre linguaggi differenti, a quella di elaborare informazioni, …

IA è una vera e propria rivoluzione umana, culturale, scientifico-tecnologica: è ciò che simula il ragionamento umano e, a braccetto con l’intelligenza umana, crea un circolo di empatia, comprensione, informazione e guida verso nuove e migliori scelte al fine di migliorare la vita delle persone. 

Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione in ambito anche medico-sanitario caratterizzata dalla possibilità di effettuare attività di ricerca in base a quelli che sono i bisogni dell’uomo in termini di salute, diagnosticando tempestivamente fattori che possano mettere a rischio la vita dell’uomo,  preventivando lo sviluppo. 

Intervistiamo la Recruiter

A tal proposito è bene lasciare spazio ai 4 nostri protagonisti, conoscendoli più da vicino.

SAIHub, centro nato a Siena per volontà della locale Università, delle Fondazioni Monte dei Paschi e Toscana Life Sciences, di Comune e Confindustria è il luogo adatto a ricercatori, aziende e giovani studenti che vogliono sviluppare progetti in ambito IA e crescere insieme condividendo valori e conoscenze.

Valter Fraccaro, presidente del Partenariato SAIHub afferma che: “lo scopo è quello di far crescere l’economia toscana facilitando l’uso dell’IA nelle aziende che si occupano di Life Sciences, in particolare nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

A Siena, l’interazione tra Università e aziende del settore risale al 1904, quando Achille Sclavo fondò l’Istituto Sieroterapico, divenendo poi Rettore del locale ateneo nel 1914.

Come SAIHub, favoriamo in ogni modo l’approccio dei giovani ai temi della ricerca scientifica e dell’uso dell’IA attraverso borse di studio universitarie, orientamento per i più giovani, premi per chi collabora con le 28 aziende socie della Rete SAIHub.

Le Life Sciences sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU e l’Italia può confermarsi come uno dei Paesi più avanzati al mondo in questo ambito”.

 

 

La parola ora va a Moresi.com, società con sede in Ticino, leader della Digital Transformation e Gold Partner Microsoft.

Che cosa si aspetta da questa partnership?

“Ogni partnership che stringiamo viene costruita nell’ottica di integrare le nostre competenze con quelle di altri soggetti, al fine di portare al mercato soluzioni con un valore aggiunto. All’interno di SAIHub, potremo far parte di una ampia rete di imprese, istituzioni, atenei e questo ci permetterà di dare il nostro contributo per la progettazione di tecnologie e servizi di Intelligenza Artificiale nell’ambito delle biotecnologie e delle Scienze della Vita”.

Quali sono i valori che secondo lei legano Moresi.com, Bluecube e SAIHub?

“Innanzitutto, la passione per la tecnologia e la convinzione che attraverso essa si possa migliorare la vita dell’uomo. Moresi.com e Bluecube hanno già avuto modo di allineare le loro visioni stringendo una partnership che vede le due aziende collaborare sul tema del DevOps in Azure.
Credendo fortemente nella logica della collaborazione, entreranno a fare parte della rete SAIHub come Tecnoscientia, società che nasce dalla loro fusione e che pone il miglioramento dei processi di automazione, analisi e misurazione al centro della propria missione”.

Quali sono le aspettative future legate a questa cooperazione? 

“Partecipando a questo spazio che include imprenditori, investitori, ricercatori e studenti interessati al tema dell’Intelligenza Artificiale, ci aspettiamo sicuramente una condivisione di idee e know-how non fine a se stessa, ma che sia preludio di uno sviluppo di nuovi progetti e iniziative, e alla base di una crescita comune e condivisa“.

 

Scopriamo ora chi è Tecnoscientia.

Tecnoscientia si propone sul mercato Italiano come azienda leader nel settore dell’High Tech e IT.

Fondata da Fabrizio Lodi ed operante sul mercato dal 2019 e lavorando su diversi settori, ha sviluppato nel corso della sua vita una serie di progetti con annesse differenti tecnologie, tra le quali ritroviamo: Solr, Tika, Jena, Mongo, Oracle BI, Bizagi, OpenCV, Docker, Swarm.

Partner ufficiale di Bizagi, colosso mondiale in ambito di BPM, la piattaforma per l’automazione intelligente dei processi che collega persone, applicazioni, robot e informazioni.

Il DNA di Tecnoscientia è dato dall’intreccio di 4 principi:

  1. Dritti al punto: le competenze dei fondatori e del team permettono di comprendere per qualsiasi esigenza dei clienti, la soluzione più giusta piuttosto che la migliore. 
  2. Esperti del Cloud: Tecnoscientia prevede che per ogni ambiente si disponga, si ha l’expertise adatta: che sia Docker, Azure, Google. Amazon WS, Vagrant, ecc…
  3. I Processi al Centro: l’azienda pone i processi di automazione, analisi e misurazione al fine ultimo di garantirne il loro miglioramento, con soluzioni economiche adatte ad ogni tasca.
  4. Applicazioni Web: da più di 30 ann il team dii Tecnoscientia sviluppa applicazioni web spaziando in settori differenti: Finance, Logistica, Pharma, GDO, e molto altro, garantendo la soluzione migliore per i propri clienti. 

 

Troviamo inoltre Bluecube, azienda operante nel settore dell’IT & High Tech dall’anima Open Source, fondata nel 2009 da Manuel Fontana, CEO ufficiale della società.

Quale sarà il posto di Bluecube all’interno di SAIHub con Tecnoscientia ?

“Partiamo da Tecnoscientia: è una start up dal potenziale tecnologico come poche ed io nella mia carriera ho avuto modo di confrontarmi con differenti realtà; il suo potenziale, le sue qualità e le sue competenze, coincidono nella maniera più genuina con i valori di SAIHub e di Bluecube.

Penso sia indispensabile oggi giorno diffondere il senso della cooperazione e dello sviluppo di tecnologie innovative atte a trarre vantaggio collettivo al fine di migliorare la vita delle persone.

In questo caso noi parliamo di salute; abbiamo già avuto modo di confrontarci con una pandemia che ancora oggi ci ha lasciato segni invisibili addosso ed è stata allo stesso tempo la “miccia” che ha acceso in noi la voglia ed il bisogno di collaborare per trovare soluzioni UTILI al benessere collettivo.

Ciò cela il significato di aiuto reciproco, un concetto che ha bisogno di essere sviscerato da ogni barriera e da ogni tipologia di presa di potere e di autoaffermazione: si collabora per divulgare i valori, le conoscenze e gli strumenti adeguati e non per predominare, specialmente in un settore come quello della life science!

Ho sempre investito nella ricerca e nello sviluppo e sarà proprio questa la mia responsabilità all’interno di Tecnoscientia nel progetto SAIHub.

In questo momento per fare tutto ciò stiamo avviando tavoli di discussione all’interno di SAIHub e all’interno anche delle Università di Pisa e di Siena con l’obiettivo finale di creare un team composto sia da scienziati che da sviluppatori per fare ricerca in ambito IA nel mondo del Life Sciences”.

SaiHub è una realtà che dà spazio anche ai giovani; cosa pensi di ciò? In che modo a tuo avviso, collaborando molto con i giovani, questi possano dare il loro contributo al centro di ricerca?

“Oggi l’unica strada praticante è quella di dare spazio ai giovani e soprattutto che i più talentuosi restino qui, in Italia, nel loro paese e che non se ne vadano.

Ai più talentuosi trovo sia doveroso affidare progetti di ricerca e retribuirli nella maniera corretta, tanto è vero che anche in Bluecube funziona così: ai giovani si offrono possibilità di intraprendere una carriera in ambito IT e di scoprirne ogni suo dettaglio a 360 gradi per poter poi crescere e fare tesoro delle loro competenze e conoscenze.

In Italia abbiamo delle vere e proprie eccellenze a livello mondiale e, tornando al discorso di SAIHub, il loro contributo rappresenta La marcia in più per rimanere qui!”

Che cosa pensi quando qualcuno ti dice “open innovation”? E come colleghi questa parola alle caratteristiche di Bluecube? 

“Bluecube è nata sulla base dell’Open Source ed ha sempre creduto nella cooperazione, perciò il passo successivo all’Open Source è l’Open Innovation”.

Trovi delle similitudini tra la mission aziendale di Bluecube e quella di SAIHub?

“Assolutamente si! Le mission sono identiche: stessa mentalità, stessa condivisione di informazioni e di network, che sono due dei tanti ingredienti indispensabili a raggiungere gli obiettivi”.

Che cosa ti aspetti da questa partnership? 

“La mia più grande aspettativa, guardando da adesso verso il futuro è quella di riuscire a creare una grande forza composta da alcuni principi, quali ad esempio la collaborazione, la condivisione di valori comuni e di conoscenze tecniche e tecnologiche  che prenda parte sia qui in Italia che nel resto del mondo”.

In conclusione, auguriamo che questa partnership porterà grandi risultati e grandi successi!

Best Php Design Patterns

Introduction

Design patterns are commonly defined as time-tested solutions to recurring design problems. The term refers to both the description of a solution that you can read, and an instance of that solution as used to solve a particular problem.

Why use design patterns?

Design patterns have two major benefits. First, they provide you with a way to solve issues related to software development using a proven solution. The solution facilitates the development of highly cohesive modules with minimal coupling. They isolate the variability that may exist in the system requirements, making the overall system easier to understand and maintain. Second, design patterns make communication between designers more efficient.

Right, can you show me some example?

Sure, i’ll show you some of the most used design patterns in PHP Language, starting by the Factory Pattern.

Factory Pattern

Factory is a creational design pattern which solves the problem of creating product objects without specifying their concrete classes. It defines a method, which should be used for creating objects instead of direct constructor call (new operator). Subclasses can override this method to change the class of objects that will be created.

<?php
class Automobile
{
    private $brand;
    private $model;

    public function __construct($brand, $model)
    {
        $this->brand = $brand;
        $this->model = $model;
    }

    public function getBrandAndModel()
    {
        return $this->brand . ' ' . $this->model;
    }
}

class AutomobileFactory
{
    public static function create($brand, $model)
    {
        return new Automobile($brand, $model);
    }
}

$automobile = AutomobileFactory::create('Ferrari', 'La Ferrari');

// if i print $automobile->getBrandAndModel(), the result will be "Ferrari La Ferrari"

This specific case is too much simple for explain the factory advantages, but if you need to do complex operations in order to instance the object, the factory pattern can include this complexity once, and avoid many possible mistakes.

Singleton

The Singleton pattern is Class has one instance and provides a global access point to it.

<?php
    class Singleton {
        public static function getInstance() {
            static $instance = null;
         
            if (null === $instance) {
                $instance = new static();
            }

            return $instance;
        }

        protected function __construct() {

        }
      
        private function __clone() {

        }
      
        private function __wakeup() {

        }
    }
   
    class SingletonChild extends Singleton {

    }
   
    $obj = Singleton::getInstance();
    $anotherObj = SingletonChild::getInstance();

    print_r($obj === Singleton::getInstance()); // true
    print_r($anotherObj === Singleton::getInstance()); // false
    print_r($anotherObj === SingletonChild::getInstance()); // true

Electronic Data Interchange

EDI, or Electronic Data Interchange, is a technology that helps trading partners and organizations get more done, speed up logistics timelines and eliminate manual errors by automating business-to-business (B2B) communications

The advantages of the EDI approach:

  • Unlimited EDI Translation on any desktop or server
  • EDI transfer ensures real-time processing and eliminates times associated with manually sending, receiving and entering orders
  • Increase business through secure connections between partners / suppliers / customers around the world.
  • Costs saving in operational efficiency